Brano: Azione, Partito d’
Ma l’unità dei partiti antifascisti su questo terreno riuscì a imporre, con Bonomi presidente, tutti i membri designati. Il Partito d’Azione entrò nel gabinetto con Alberto Cianca e Guido De Ruggiero in qualità di ministri; Sergio Fenoaltea, Antonio Manes, Antonino Ramirez e Giuseppe Bruno come sottosegretari.
Fu tuttavia un governo la cui direzione alimentò continuamente, durante i sei mesi della sua durata, ragioni di disaccordo e motivi di crisi. L’azione di sostegno al movimento partigiano nel Nord era giudicata universalmente incerta e perfino equivoca; l’epurazione dei fascisti appariva inefficiente; la burocrazia non mutava i funzionari né i sistemi; la polizia manteneva i vecchi metodi di repressione viol[...]
[...]semblea Costituente « per deliberare la Costituzione dello Stato ». Quello del luogotenente era quindi un attacco diretto all’autorità del C.L.N., e i tre partiti di sinistra chiamarono in causa Bonomi, che ne era il responsabile come presidente del Consiglio e del C.L.N. stesso. Tanto più che, nel governo e sulla stampa, i liberali facevano di tutto per indebolire il governo del C.L.N. e portarlo a una crisi liquidatoria. II Partito d’Azione fu il più deciso nelle critiche con cui le sinistre investirono Bonomi il quale, in una seduta movimentata, si vide sconfessato come presidente del Consiglio e isolato come presidente del C.L.N.. Egli presentò quindi le dimissioni, ma direttamente al luogotenente, senza discuterne col C. L.N. né col Consiglio dei ministri, e si appartò subito nel proprio ufficio al Viminale. Il C.L.N. dovette riunirsi in sua assenza e progettò la candidatura di Sforza alla presidenza del Consiglio. La prima reazione a tale proposta si ebbe alla Camera dei Comuni, dove Churchill colse l’occasione per esprimere il suo [...]
[...]a divisa fra Partito d’Azione e Partito socialista da un lato, Partito comunista dall’altro, e con i primi due partiti drasticamente contrari all’ingresso nel governo, mentre il terzo si dichiarò favorevole.
La discussione nel C.L.N. centrale
In succinto, nell’ultima riunione dei 6 partiti del C.L.N. (7.12.1944), sotto la presiv denza di Togliatti e presente Cevolotto (in sostituzione di Ruini), Brosio, De Gasperi, Lussu e Nenni discussero il problema, dopo un’introduzione del segretario del P.C.I. che dichiarava indispensabile il raggiungimento di un accordo, per il fatto che quattro partiti appoggiavano Bonomi. I socialisti avevano già risposto ai comunisti che la loro decisione di entrare da soli nel governo non avrebbe interferito nel patto di unità d’azione, ma Togliatti li invitava ugualmente a rivedere la propria posizione e pregava il Partito d’Azione di desistere dalle sue pregiudiziali, come del resto aveva fatto, egli sottolineava, al mornento dell’ingresso nel secondo gabinetto Badoglio.
Brosio — nel suo intervento — si disse d’accordo sull’urgenza di concludere e richiamò il P.S.I. aH’impegno unitario del C.L.N..
Lussu, non ritenendo che Bonomi fosse l’unico uomo su cui puntare, affermò che, anche se ciò fosse stato dimostrato, il suo partito non sarebbe entrato egualmente nel governo, ma non gli sarebbe stato ostile. Si poteva perciò innanzi tutto invitare Bonomi a desistere; e qualora si fosse trovato un altro nome, il Partito d’Azione avrebbe collaborato con il designato senza porre più alcuna pregiudiziale.
Nenni chiese a De Gasperi, perché non si continuasse a discutere a vuoto, di dichiarare la sua posizione di fronte ad un governo a tre senza socialisti, comunisti e Partito d’Azione, mostrandosi in ogni caso disposto ad accettare qualsiasi nome, una volta superato quello di Bonomi. Propo
neva poi, con Lussu, quello di Meuccio Ruini e dello stesso De Gasperi, offrendosi di fare parte di una delegazione che si recasse da Bonomi a chiedergli il ritiro.
Cevolotto non concordò sul nóme di Ruini, in q[...]
[...]il ritiro.
Cevolotto non concordò sul nóme di Ruini, in quanto ormai non avrebbe ottenuto l’unanimità.
De Gasperi obiettò che non aveva nulla da dire, in quanto riteneva « chiarissima » la propria posizione: ormai Bonomi aveva l’adesione di quattro partiti ed era inutile fare delle ipotesi. Egli non avrebbe chiesto a Bonomi di ritirarsi, né avrebbe consentito che si discutesse la propria candidatura. Era però impensabile che egli togliesse il proprio appoggio a Bonomi, concluse De Gasperi, dal momento che glielo assicuravano i comunisti.
Nenni fece allora osservare che Togliatti non avrebbe aderito alla candidatura Bonomi se la D.C. avesse garantito di essere disponibile per un governo a tre. Togliatti ribattè che esisteva una maggioranza per Bonomi senza che ve ne fosse un’altra in alternativa. De Gasperi chiuse il dialogo affermando che l’adesione di Togliatti riguardava Togliatti solo e che un governo con i socialisti era augurabile, ma un governo con le tre grandi correnti, liberale, democristiana e comunista, rappresentava u[...]
[...]i senza che ve ne fosse un’altra in alternativa. De Gasperi chiuse il dialogo affermando che l’adesione di Togliatti riguardava Togliatti solo e che un governo con i socialisti era augurabile, ma un governo con le tre grandi correnti, liberale, democristiana e comunista, rappresentava una situazione di equilibrio migliore di quella del governo a sei.
Partito d'Azione e Partito socialista rifiutarono così di entrare nel secondo governo Bonomi. Il P.C.I. credette invece che, facendone parte, si sarebbe inserito, come col secondo gabinetto Badoglio, nella realtà nazionale e internazionale a maggior titolo, e avrebbe avuto un più vasto contatto con le masse (il più largo consenso che, nella prima consultazione elettorale per la Costituente, andrà alle liste del P.S.I., dimostrerà — al contrario — il seguito tra le masse guadagnato dai socialisti con il loro atteggiamento).
L’autore di queste note ha riflettuto sempre sui problemi della strategia di classe, sui limiti che essa contiene e sulla politica delle alleanze: ebbe modo di trattarne allora ed in sèguito, anche in relazione dell'art. 7 della Costituzione, inerente i rapporti fra Stato e Chiesa (v. Concordato), con Paimiro Togliatti. Quest'ultimo accoglieva sorridendo le obiezioni, certo che l[...]
[...]ensiva e di ricupero che danneggia in definitiva i partiti stessi, alterando i termini reali delja lotta. La conclusione dell’operazione Bonomi sarà che, avendo premuto i comunisti sulla destra, liberali e democristiani verranno spinti ancor più su posizioni conservatrici; quindi si sposteranno a destra l’ala socialdemocratica del Partito socialista e, a più lunga scadenza, lo stesso P.S.I., nella sua grande maggioranza, col risultato di isolare il Partito comunista. Quando, durante una conversazione a Mosca nel 1951, Stalin rimproverò a Nenni che comunisti e socialisti si erano fatti estromettere dal governo De Gasperi nel 1947 senza provocare grandi reazioni popolari,
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